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VINIA  TANCHIS:  Hanno scritto

 

TRA MEMORIA E DOLORE E SQUARCI DI SPERANZA:
LA POESIA DI VINIA TANCHIS TIBONI
Di Mario Narducci
 

Sono due gli elementi che si evidenziano, sopra gli altri, nella poesia di Vinia Tanchis Tiboni: la forza della memoria e la profondità del dolore.  E accanto a questi, quasi in corollario, ma non meno efficaci, la voglia d’innocenza e l’anelito ad una serenità interiore, che danno forma e colore al trascorrere poetico dei giorni.

Ne risulta che Vinia Tanchis ha due anime, l’una perduta nella contemplazione di sé e degli eventi che la investono, l’altra immersa e sommersa nell’estasi del divenire, che poi è sostanza di una fede che insiste anche nei momenti di maggiore instabilità e di oscurità dell’anima.

Vinia Tanchis non è poetessa facile, anche se le sue tematiche e la sua scrittura possono apparirlo.  E’ invece poetessa dalla scorza dura, forgiata dalle pene dell’anima non meno che dalla quotidianità.

E’ poetessa delle ore, ma non del diario banale.  Ed è poetessa esistenziale che appare macerata dal vivere, ma tale macerazione non è l’oggetto della sua poesia: è bensì l’itinerario di una riflessione che conduce alla rivisitazione di sé ed in questo, alla rivisitazione di un mondo difficilmente accettabile così com’è.

Dicevo dei due elementi che sugli altri insistono.  La memoria e il dolore.  O memoria del dolore o ancora dolore della memoria.  Pascoli dava  alla memoria un peso fondamentale: ”Il ricordo è poesia e la poesia non è se non ricordo”.

L’importanza della memoria si copre addirittura di mistero: lì stanno le nostre radici e lì sta anche il nostro futuro.  Siamo quello che fummo e saremo quello che siamo stati. Né possiamo esserlo diversamente: c’è un DNA dello spirito assai più decisivo e decidente di quello genetico: il poeta diventa tale quando ricorda per costruire il proprio futuro non quando si perde nella sterilità della malinconia.

L’operazione della memoria, in Vinia Tanchis Tiboni, appare perfettamente riuscita.  Ecco perché la sua poesia ha un primo caposaldo di autenticità.

E poi l’importanza del dolore.  Un grande come Leopardi sosteneva che “Dal dolor comincia e nasce / l’italo canto”.  Al di là della retorica patriottica, resta un punto fermo: che non c’è canto dell’anima se non partorito dal patire.  Anche su questo versante il dire poetico della nostra autrice appare perfettamente riuscito, guadagnando il secondo caposaldo di autenticità.

E’ su questa costruzione, che poi è filosofia del vivere, che si calano le tematiche della scrittura poetica della Tanchis. Il suo mondo quotidiano, l’infanzia, gli amici, i genitori, la natura (e il riferimento spesso procede di pari passo con quello dell’infanzia), la tragicità della morte, il paese della memoria, le feste dell’innocenza (Natale per tutte), i luoghi del suo esistere (la Sardegna e il Montefeltro), gli abbandoni in Dio.

Qualche citazione per tutte: ”Della mia vita di ragazza / solo sono rimasti i sogni evanescenti / come sassi sott’acqua". (Come sassi sott’acqua): è l’apparire altri da ciò che si è dentro e che non è visitabile. E ancora: ”Sulla mia casa l’ombra della sera / segna torbidi inchiostri / e intanto la notte cammina”.  ( Sera di paese): il male ha i suoi percorsi inarrestabili. E di più: ”s’illude (l’anima) di eludere il senso di assenza / e di vuoto di chi sa che il sole nasce / e poi  tramonta / nell’isola di ognuno”: dove anche il suono onomatopeico, nella lentezza strisciante della lettera esse, appare cinica lama che scava nelle recondità dell’essere.  E di più ancora: ”Vieni con me / guardiamo tra le foglie / se è nata un’altra viola”.  (Per mia madre): qui si capovolge il filo amaro della tragedia esistenziale per rinascere dalle radici nuove dell’infanzia antica; e la tenerezza del verso pare vestirla di petali, come per le processioni del Corpus Domini che non s’usano più. E poi: ”Nella morte di ogni uomo / c’è sapore di morte per chi resta”.  (Non andartene così”): anche per questo il mondo ci appartiene e ne usciamo diminuiti, dovunque la falce colpisca.

E potrei continuare, se non preferissi lasciare al lettore la gioia della scoperta, ma anche per non mancare di qualche notazione stilistica.

La poesia di Vinia Tanchis Tiboni riserva una forte predilezione alla parola, che non è mai casuale e sostituibile, ma che è la veste propria di un verso che scivola come canto lirico.  Il suo verso, infatti, appare pieno, melodioso, soave.

Altra notazione attiene al colore della sua poesia.  Colore non materico, ma dell’anima. Ma che si avverte matericamente (nelle descrizioni) quasi ci si trovasse dinnanzi ad una tela ... Il che non è gioco del caso ma riverbero illuminante dell’altra passione di Vinia che è quella della pittura.

Poesia della memoria,poesia del dolore. Ma, al fondo, poesia della speranza: ”il profumo del tempo / si fa sera/ in quest’aria dorata di limoni / che pare aprile / e ridono tra i mirti / le nere bacche al sole che declina” (Ora).

Se così è, anche poesia della tenerezza. Si può rinascere dal dolore per essere, come nella poesia di Vinia Tanchis Tiboni, solamente canto.

  

Mario Narducci

scrittore e giornalista

de “Il Resto del Carlino”

1991

 

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