PREFAZIONE di SILVIA
CUPPINI
Dal continente l’isola appare lontana, ogni approdo è
reso difficile dalla nebbia dei ricordi. Ma Vinia
Tanchis è ritornata con un mezzo, la parola, la cui
leggerezza ha vinto ogni resistenza.
Una terra, quella sarda, ritrovata attraverso le storie
dei suoi abitanti, attraverso la lingua che appartiene
loro. Se si ha la pazienza di seguire i dialoghi
nell’idioma originale si avverte quanto perdano di
efficacia nella traduzione.
Ogni racconto contiene un piccolo o grande dramma
esistenziale al quale Vinia non risparmia il suo
giudizio lucido e pietoso. Una fede che si trasforma
spesso in pietà scaturisce fra le righe: l’uomo può
cadere in inganni, può uscire frustrato da eventi che lo
sovrastano, ma, sempre, c’è una piccola luce che si
accende affinché il dramma non si chiuda senza speranza.
Di tutte le notazioni di paesaggio che avvolgono come
uno scenario gli eventi umani, quelle più pregnanti sono
riservate al mare, il grande anello confine dell’isola e
per questo non solo la chiusura ma anche (cum-finis)
l’apertura verso il mondo. Un mare infinitamente
cangiante, pronto ad accogliere ogni solitudine, ogni
abbandono.
Silvia Cuppini
Critico-Storico dell’Arte,
ex Docente Università degli Studi
“Carlo Bo” di Urbino